Volantino distribuito in Trentno nelle settimane scorse:
Qui la versione in pdf: Volantino sui nuovi OGM
Nel più generale silenzio, ci stanno imponendo gli OGM in agricoltura
La dichiarazione dello stato di emergenza che ha accompagnato l’alluvione in Romagna è stata l’occasione per sdoganare gli Organismi Geneticamente Modificati in Italia. Con l’emendamento al Decreto Siccità approvato il 30 maggio scorso, alla voce «disposizioni urgenti in materia di genetica agraria», il governo ha autorizzato la sperimentazione in campo aperto di organismi ottenuti con l’editing genetico o con la cisgenesi: nuove, più economiche e più sofisticate tecniche per manipolare geneticamente il genoma delle piante. In Italia si chiamano TEA (Tecniche di Evoluzione Assistita), in altri Paesi New Breeding Techniques (NBT) o New Genomic Techniques (NGT). Il 5 luglio scorso, la Commissione europea ha proposto di «esentare le nuove biotecnologie dalle regole su etichettatura, tracciabilità e valutazione del rischio previste dalla direttiva sugli OGM». Tradotto: i nuovi OGM non vanno considerati tali a livello normativo, aprendo così la strada alla loro coltivazione vera e propria (non solo a fini sperimentali). La proposta europea non era ancora stata formulata, che le quattro più grandi imprese agrochimiche e sementiere del mondo – Corteva, Bayer-Monsanto, BASF e ChemChina – avevano già richiesto 139 brevetti relativi alle nuove biotecnologie per l’editing genomico sulle piante, al fine di acquisire per vent’anni la proprietà esclusiva di varietà vegetali geneticamente modificate e rivenderle agli agricoltori.
Per quanto i biotecnologi promotori non vogliano chamarli OGM – il cui solo nome ricorda l’opposizione sociale che in tempi non troppo remoti ha cercato (in parte riuscendovi) di respingerli –, la loro fabbricazione avviene comunque in laboratorio, con tecnologie genetiche e con un approccio fortemente riduzionista: l’inserimento artificiale di un gene all’interno del genoma è un’operazione che considera le funzioni di quel gene autonome e a sé stanti rispetto alle relazioni che vi sono tra i geni e tra questi e l’ambiente, nonostante siano queste relazioni a formare le caratteristiche di un organismo. Dal momento che produzione artificiale di organismi e brevettabilità del vivente si alimentano a vicenda, si estende e si radicalizza una precisa appropriazione delle principali sementi coltivate, cominciata negli Stati Uniti con il Plant Patent Act del 1930 sui brevetti delle piante, proseguita con le sementi ibride della «Rivoluzione verde», per arrivare fino ai nuovi OGM dei giorni nostri: tecnologie capaci di modificare le basi stesse della materia organica, ovvero le molecole del DNA. Questi apprendisti stregoni mercificano ogni aspetto della vita e rendono tali tecnologie applicabili ai più svariati usi: dalle biotecnologie agrarie a quelle batteriologiche (e quindi militari), fino all’editing sugli embrioni, base di una vera e propria eugenetica. Ad un’industria biotecnologica sempre più diffusa e globalizzata, corrispondono sia il potere crescente dei giganti dell’agritech sia l’estrema concentrazione delle terre (nel 2018 le multinazionali del settore sono passate da sei a quattro e controllano il 62% della vendita di sementi). Se dal 1900 ad oggi è stato perso il 75% della diversità genetica delle piante bisogna cominciare a considerare la tecno-scienza come causa del problema e non come soluzione. L’avidità e la volontà di dominio stanno desertificando la biodiversità vegetale imponendo una monocoltura agricola pronta per essere gestita dall’intelligenza artificiale, dai droni, dai robot: l’espulsione dalle campagne dei piccoli coltivatori e la creazione di veri e propri latifondi digitali.
Una società che affida la produzione del cibo ai laboratori e a macchinari incontrollabili è una società senza autonomia e senza libertà. Per questo è necessario aprire un dibattito, fare rete con i contadini che resistono, fermare le tecno-piante.
Rovereto, luglio 2023
Collettivo Terra e libertà
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